La percezione della carica totalmente astratta delle parole finisce con l’esaurirne il senso stesso:
quello che alla fine resta è il monolite silenzioso del ...leggi tutto
La percezione della carica totalmente astratta delle parole finisce con l’esaurirne il senso stesso:
quello che alla fine resta è il monolite silenzioso del reale.
Questo è quello che si può riscontrare a volte nella stanza di analisi, nel mutismo serrato
dell’analizzante? E forse il lavoro dell’analizzante non è quello di dare un senso nuovo, totalmente
proprio alle parole, nella piena consapevolezza che esse, al pari di un gioco, non ne hanno?
E’ nella mancanza di senso che le parole stesse cominciano a palesare, in maniera implicita, il loro
lato oscuro o, se vogliamo definirlo in altro modo, il loro statuto meno simbolico e più reale.
Avere consapevolezza del doppio statuto della parola e del linguaggio è presumibilmente l’unico
modo di saperlo utilizzare senza rimanerne invischiati.
Secondo me i giochi come il cruciverba e lo scarabeo esprimono appieno la tendenza, del tutto
umana, a farsi soggiogare dalle parole. Non è un caso che alcuni sviluppino dipendenza anche da
questi giochi!
Nella stanza di analisi succede qualcosa di simile: convertiamo la nostra passione per il reale del
godimento del sintomo in quella per il reale del godimento … delle parole!
Forse nessun dispositivo, al pari di quello analitico, riesce a mostrare la totale evanescenza delle
parole e al contempo il loro effetto miracoloso o disastroso sulle vite umane. La consapevolezza di
tale aspetto delle parole e la trasformazione delle parole in gioco nell’analisi in giochi di parole è
forse la svolta fondamentale per il meccanismo analitico.
Ma allora le parole stesse sono un sintomo. Semplicemente trattandosi di un sintomo socialmente
accettato, non ne facciamo un dramma; di certo bisogna arrivare a riconoscere l’irrilevanza delle
parole per dar loro il giusto peso e in questo il dispositivo analitico è sicuramente il miglior metodo.